La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.7464/2019, ribaltando le decisioni di primo e secondo grado, ha accolto il ricorso dei una vedova separata, riconoscendo alla stessa il diritto ad ottenere la pensione di reversibilità anche se non le era stato riconosciuto alcun assegno di mantenimento.
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Per la Corte di legittimità il giudice di secondo grado non ha tenuto conto della pronuncia della Consulta n. 286/1987 che ha ritenuto non giustificabile il diniego al coniuge a cui è stata addebitata la separazione, di una tutela (pensione di reversibilità) che garantisca la continuità dei mezzi di sostentamento che il marito (defunto) sarebbe tenuto a procurargli.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 286/1987 ha stabilito che la pensione di reversibilità "va riconosciuta al coniuge separato per colpa o con addebito, equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite (separato o non) e in favore del quale opera la presunzione legale di vivenza a carico del lavoratore al momento della morte." La Consulta, con la sentenza suddetta ha precisato infatti che non è "più giustificabile il diniego, al coniuge a cui fosse stata addebitata la separazione, di una tutela che assicuri la continuità dei mezzi di sostentamento che il defunto coniuge sarebbe stato tenuto a fornirgli."
Per la Cassazione la legge n. 903/1965 predispone una tutela previdenziale con la finalità "di porre il coniuge superstite al riparo dall'eventualità dello stato di bisogno, senza che tale stato di bisogno divenga (anche per il coniuge separato per colpa o con addebito) concreto presupposto e condizione della tutela medesima."
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