Il lavoratore, in caso di contributi previdenziali non versati da parte del datore di lavoro, non ha alcun diritto di agire nei confronti dell’INPS per ottenere la regolarizzazione della propria posizione contributiva, nemmeno nel caso in cui l’Istituto, nonostante la sua denuncia, non abbia provveduto al recupero dei contributi dovuti dal datore di lavoro.
La decisione della Cassazione si presenta interessante non solo riguardo la possibilità, o meno, del lavoratore di chiedere all’Inps la contribuzione omessa dal datore di lavoro, ma anche per il tema del litisconsorzio necessario nei confronti del datore di lavoro.
Il giudizio di Cassazione
Il lavoratore sostiene che “dall’art. 2116, comma 1°, c.c., e dall’art. 54, L. 88/1989, derivi il diritto all’integrità della posizione contributiva già costituita mediante accredito automatico dei contributi non prescritti il cui versamento sia stato omesso in tutto o in parte dal datore di lavoro, ai fini della percezione delle prestazioni previdenziali di cui all’art. 2114 c.c.”.
Domanda, pertanto, alla S.C. se tale diritto possa essere esercitato nei confronti dell’INPS che, malgrado la denuncia di omissione, sia rimasto inerte senza provvedere alla riscossione eventualmente coattiva del proprio credito contributivo dovuto dalla società datrice di lavoro; se tale diritto possa e debba essere esercitato anche prima del maturare dei requisiti per le relative prestazioni previdenziali, una volta accertato il mancato versamento dei contributi prima dello spirare del termine di prescrizione; se nel giudizio nei confronti dell’INPS, il diritto alla copertura contributiva di periodi di omesso versamento in relazione ai quali non è spirato il termine di prescrizione possa e debba essere accertato mediante l’integrazione del contraddittorio con il datore di lavoro, indipendentemente dal maturare di una determinata prestazione previdenziale.
Gli Ermellini ritengono il ricorso infondato.
Il principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116, comma 1, c.c., non comporta alcun accredito automatico dei contributi non prescritti il cui versamento sia stato omesso in tutto o in parte dal datore di lavoro, ma consiste nel garantire al lavoratore le prestazioni previdenziali cui ha diritto ai sensi dell’art. 2114 c.c. anche quando il datore di lavoro abbia omesso il pagamento dei contributi.
Pertanto, il lavoratore, in caso di contributi previdenziali non versati da parte del datore di lavoro, non ha alcun diritto di agire nei confronti dell’INPS per ottenere la regolarizzazione della propria posizione contributiva, nemmeno nel caso in cui l’INPS non abbia provveduto al recupero dei contributi dovuti dal datore di lavoro e questi si siano prescritti.
Il lavoratore può agire solo nei confronti del datore di lavoro ove l’inadempimento dell’obbligo contributivo abbia comportato la perdita delle prestazioni previdenziali.
Ciò chiarito, riguardo il contraddittorio con il datore di lavoro, la S.C. specifica che sussiste litisconsorzio necessario iniziale tra lavoratore, datore di lavoro ed ente previdenziale, ai sensi dell’art. 102 c.p.c., solo in presenza di una domanda del lavoratore volta ad ottenere la condanna del datore di lavoro a versare all’ente i contributi omessi, in funzione della necessità di assicurare un risultato utile alla parte attrice.
In altri casi, come ad esempio quando il lavoratore abbia convenuto in giudizio l’INPS allo scopo di ottenere la regolarizzazione della sua posizione contributiva, non sussiste litisconsorzio necessario. Chiaramente, il datore di lavoro può sempre essere chiamato in causa dall’INPS, o dal Giudice.
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