Il periodo emergenziale che stiamo vivendo solleva interrogativi circa i contratti di locazione in corso, in particolare quelli commerciali. Le misure previste per il contenimento dell'epidemia dispongono, infatti, salvo specifiche eccezioni, la chiusura della gran parte di tali attività. Questo porta ad interrogarsi se il conduttore possa legittimamente interrompere il pagamento dei canoni fino al termine del periodo di emergenza. Le opinioni degli operatori del diritto riguardo tale argomento non sono tuttavia concordi.
Da una parte c'è chi sostiene che la riduzione dei canoni sia possibile, invocando a tal uopo, o l'“impossibilità parziale sopravvenuta” come prevista dall'art. 1464 cc, o l'“eccessiva onerosità sopravvenuta” ai sensi dell'art. 1467 cc. (tale soluzione, tuttavia, potrebbe determinare solo la pretesa di risoluzione del contratto da parte del conduttore, evitando il preavviso di 6 mesi per gravi motivi).
Bisogna però tener conto che i previsti divieti di esercizio delle attività non incidono sulla prestazione principale del locatore, vale a dire la messa a disposizione dei locali: Ed i tentativi di dar rilievo alla causa concreto del rapporto (cioè i motivi che hanno indotto le parti a stipulare il contratto) non trovano riscontro nella giurisprudenza. Si aggiunga, inoltre, le soluzioni invocate mirano alla risoluzione del contratto, mentre le pretese del conduttore sono dirette alla sospensione o alla riduzione del canone.
D'altra parte non può non darsi rilievo al fatto che nel decreto "Cura Italia" si prevede il riconoscimento, con riferimento agli immobili accatastati nella categoria C1, in favore dei conduttori di un credito di imposta pari al 60% del canone di locazione. Ciò a riprova che gli stessi conduttori sono tenuti a pagare regolarmente i canoni.
Per tali motivi molti propendono per l'impossibilità dell'autoriduzione o della sospensione dell'affitto che se si dovesse verificare vedrebbe i conduttori inadempienti ed esposti così a tutte le conseguenze di legge.
Quale soluzione allora?
Potrebbe essere percorsa dunque la strada della riduzione concordata del canone col locatore (consigliabile in tal caso precisare il periodo per il quale viene disposto "lo sconto" e che questo viene applicato solo per ragioni di difficoltà temporanea del conduttore).
Altrimenti si potrebbe procedere per il recesso del contratto per gravi motivi, anche in via transattiva. Consigliabile in questo senso che, nell'ipotesi di accordo, in esso venga chiarito che la richiesta di risoluzione è stata chiesta dal conduttore, per prevenire eventuali contenziosi circa l'indennità per la perdita dell'avviamento.
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