Neanche per gli operatori del diritto è così facile districarsi tra i tortuosi meandri delle pronunce della giurisprudenza e degli orientamenti dottrinali che sul tema dell’affidamento dei figli si susseguono a ritmo incalzante. Il dibattito ha poi visto nel corso dell’anno un’impennata decisiva all’indomani della presentazione del ddl Pillon che, nelle previsioni del firmatario e di chi lo sostiene, ha l’ambizione di riformare in modo netto il diritto di famiglia, soprattutto nel delicato ambito dell’affidamento dei figli.
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Ormai è noto come il principio portante della riforma proposta sia quello della “bigenitorialità perfetta” espressa dall’art 11 in cui si afferma che «indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori» il minore ha diritto a mantenere «un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e la madre, a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali e a trascorrere con ciascuno dei genitori tempi adeguati, paritetici ed equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale». I figli dovranno dunque trascorrere almeno dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, con ciascun genitore, a meno che non ci sia un «motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica» dei figli stessi. Non solo: i figli avranno il doppio domicilio «ai fini delle comunicazioni scolastiche, amministrative e relative alla salute».
Non è mia intenzione prendere parte, almeno in questa sede, alla diatriba che si è scatenata tra i sostenitori della proposta contenuta nel ddl e chi invece la avversa nel modo più totale, ma fare il punto su alcune ultime decisioni dei giudici che sono tra loro diametralmente opposte.
La Corte d’Appello di Lecce, sulla scia di quanto espresso dalle linee guida del Tribunale di Brindisi e ribaltando la sentenza di primo grado del Tribunale, ha voluto omologare l’accordo preso da due genitori che prevedeva l’affidamento condiviso paritario con mantenimento diretto (i bambini sarebbero stati una settimana con il padre, una settimana con la madre, ogni genitore avrebbe provveduto al mantenimento diretto dei bambini nei giorni di permanenza con ciascuno, escludendo la dazione di assegno mensile di mantenimento e con divisione delle spese straordinarie al 50%). La collocazione paritaria dei figli dei reclamanti non sembra infatti al collegio pregiudizievole per i minori ed anzi appare piuttosto una scelta auspicabile perché meglio risponde agli interessi dei figli ed allo spirito della bigenitorialità della legge 54/2006 suddividendo in modo equilibrato le responsabilità.
La “via” intrapresa ed auspicata dalla Corte d’Appello di Lecce e dal Tribunale di Brindisi (ma non sono casi isolati, anche il Tribunale di Roma si era espresso in questo senso) non è però, al momento, quella della Corte di Cassazione.
Con la recentissima ordinanza n. 31902 del 12 Dicembre scorso, infatti, la Suprema Corte ha dimostrato di voler continuare a “strizzare l’occhio” al sistema del consolidato regime di affidamento, sostenendo che il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio, nel reciproco interesse, ma ciò non comporta l’applicazione di una proporzione matematica in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore, in quanto l’esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell’altro genitore; in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti.
Entrambe le sentenze non hanno mancato di sollevare, ovviamente, polemiche ed accuse reciproche tra i ferventi sostenitori di una o dell’altra “fazione”. Momento essenziale sarà rappresentato dalla effettiva emanazione della riforma per capire se il suo contenuto subirà variazioni ed emendamenti durante l’iter legislativo. E’ sicuramente auspicabile che, in un argomento così delicato, il dibattito venga allargato a tutte le associazioni operanti sul campo e che la nuova Legge non sia un atto d’imperio calato dall’alto con tutti i rischi che un’operazione simile potrebbe comportare.
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