Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione con la sentenza n. 11748/2019 hanno risolto il contrasto che si era venuto a creare nella giurisprudenza della Corte in materia di onere della prova dei difetti e delle eventuali conseguenze dannose, nonché del nesso causale tra le prime e le seconde in caso di azioni di garanzia per i vizi delle cose vendute.
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Fino al 2013 non vi era dubbio nella giurisprudenza della Corte sul fatto che l’onere della prova fosse a carico del compratore .
Successivamente, però, la seconda sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 20110/2013 aveva ritenuto non più applicabile il principio in questione a seguito della sentenza delle Sezioni Unite n. 13533/2001 che si era pronunciata in materia di onere della prova in caso di inadempimento delle obbligazioni assunte in un contratto.
Con quest’ultima sentenza, infatti, era stato affermato il principio in virtù del quale il creditore voglia far valere in giudizio l’inadempimento contrattuale o l’inesatto adempimento del suo debitore (chiedendo la risoluzione del contratto, ovvero l’adempimento del medesimo o, infine, il risarcimento del danno) deve provare unicamente la fonte del suo diritto e il termine di adempimento, gravando sul debitore l’onere di provare di aver adempiuto e di averlo fatto in modo esatto.
Da quest’ultimo principio la Seconda Sezione della Corte aveva tratto la conclusione che anche nel caso di controversia avente ad oggetto vizi o difetti della cosa oggetto di compravendita grava sul venditore l’onere di dimostrare di aver consegnato la cosa e che quest’ultima era priva di vizi o difetti che la rendano inidonea all’uso cui è destinata, potendo il compratore limitarsi a denunciare la presenza di questi ultimi senza essere gravato dall’onere di provarli.
Con la sentenza in commento le Sezioni Unite chiariscono che la consegna di una cosa viziata integra certamente una violazione del contratto. Tuttavia, non tutte le violazioni del contratto si traducono in inadempimento di una obbligazione.
La consegna di una cosa viziata, infatti, costituisce una “imperfetta attuazione del risultato traslativo promesso”. Pertanto non può applicarsi al caso in questione il principio enunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 20110/2013 riferibile esclusivamente all’inadempimento di una obbligazione.
Ne consegue che l’onere della prova del vizio o del difetto della cosa compravenduta grava unicamente sul compratore in applicazione dell’art. 2967 c.c. secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
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