L'ordinanza n. 31010/2019 della Cassazione respinge il ricorso dell'Inps, ribadendo un principio già sancito dalle SU n. 23397/2016, il quale sancisce che, se nei cinque anni successivi alla notifica della cartella l'Istituto Nazionale di Previdenza non procede alla riscossione coattiva del credito previdenziale o non provvede a notificare alcun atto interruttivo il relativo diritto cade in prescrizione.
La Corte d'appello respinge l'impugnazione dell'INPS avanzata nei confronti della sentenza di primo grado che ha accolto l'opposizione della socia di una S.a.s a una cartella esattoriale perché ormai prescritta, in quanto tra il momento della notifica alla società del verbale di accertamento e quello della cartella di pagamento erano trascorsi dieci anni.
Disattesa quindi l'eccezione di prescrizione decennale avanzata dell'INPS ai sensi dell'art. 2953 c.c il quale dispone che: "I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni."
La Cassazione, con ordinanza n. 31010/2019 respinge il ricorso dell'Istituto nazionale di previdenza perché infondato. Spiegando in termini più semplici il principio sancito dalle Sezioni Unite n. 23397/2016, seguita dalla Cassazione n. 21704/ 2018 gli Ermellini ribadiscono che: "se nell'arco dei cinque anni dalla notifica della cartella non si procede alla riscossione coattiva o non viene notificato un atto interruttivo della prescrizione il credito si prescrive ed è strumento idoneo a far valere l'intervenuta prescrizione anche l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. (in combinato disposto con l'art. 618-bis c.p.c. in materia di previdenza), che tende a contestare l'an dell'esecuzione e, come è noto, uno dei «vizi » che giustificano il ricorso all'art. 615 c.p.c. è proprio l'intervenuta prescrizione del credito successiva alla formazione del titolo."
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