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Immagine del redattoreStudio Legale Meleleo

Mancata comparizione del querelante e remissione di querela


Con sentenza n. 19731/19 la Cassazione riafferma il principio di diritto già pronunciato con l'arresto 31668 del 23/06/2016 secondo cui «integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale (nella specie davanti al Giudice di pace) del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l'eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela».

IL FATTO

L'imputato veniva condannato dal Giudice di pace in quanto ritenuto responsabile del reato di lesioni personali, quindi ricorreva per la cassazione della sentenza sostenendo la violazione dell'art. 152 c.p.. Infatti, stante l'assenza della persona offesa all'udienza, il Giudice di pace aveva disposto che le venisse notificato l'avviso con cui le si rappresentava che, in mancanza di sua comparizione, il comportamento sarebbe stato interpretato come tacita remissione di querela. Tanto all'udienza di apertura del dibattimento quanto a quella di discussione, la persona offesa non compariva, per cui la sua assenza doveva essere interpretata come tacita remissione di querela, del tutto irrilevante la comparizione della parte offesa alle udienze di mero rinvio,non qualificabili come udienze dibattimentali.


Secondo la Suprema Corte l'effetto abdicativo non riviene dalla sola mera mancata comparizione all'udienza dibattimentale, bensì dalla mancata comparizione successiva al formale avvertimento da parte del giudice circa il significato che alla mancata comparizione sarebbe stato attribuito. In ciò, detta presunzione può dunque ritenersi fondata quandunque non possa dubitarsi sulla libera e consapevole scelta della persona offesa circa la perdurante assenza e l'inerzia serbate, che deve essere sintomatica quindi del disinteresse verso il processo da lei stessa sollecitato, mancando l'indispensabile collaborazione che le si richiede. Nel caso di specie, la polizia giudiziaria, nell'effettuare le verifiche richieste dal giudice attraverso la notifica dell'avvertimento, annotava nel biglietto di cancelleria che la persona offesa rappresentava di non essere intenzionata a rimettere la querela, la quale piuttosto compariva in un'udienza in cui era stata pure esaminata. Ciome spiega la Suprema Corte, un tale contegno mal si concilia con la volontà abdicativa del querelante, non potendosi in casi simili ritenere rimessa la querela per disinteresse della persona offesa, non potendosi pertanto ragionevolmente sostenere quanto argomentato dall'imputato.

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