In tema di compravendita, la disciplina codicistica ha carattere sussidiario rispetto a quella prevista dal Codice del Consumo (Cassazione, sentenza n. 13148/2020) Vale, dunque, la presunzione contenuta all’art. 132 terzo comma del Codice del Consumo, secondo cui i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna si presumono già esistenti a tale data. In tema di compravendita, la disciplina codicistica ha carattere sussidiario rispetto a quella prevista dal Codice del Consumo (D.lgs. n. 206 del 6 settembre 2005), che trova quindi applicazione prioritaria sussistendone i presupposti. In particolare l’art. 132 terzo comma del Codice del Consumo prevede una presunzione relativa, per cui i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene, si presumono già sussistenti a tale data, salvo che ciò sia incompatibile con la natura del bene o del difetto invocato. Se quest’ultimo si manifesta entro il predetto termine, il consumatore potrà quindi limitarsi ad allegare la sussistenza del vizio, gravando sul venditore l’onere di dimostrare la conformità del bene. Superati i sei mesi torna invece operativo il regime probatorio generale, per cui il consumatore dovrà provare che il difetto era presente fin dall’origine. Lo ha affermato la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13148 del 30 giugno 2020.
ll caso esaminato dalla Suprema Corte ha visto coinvolti l’acquirente di una automobile ed una concessionaria di autoveicoli. In particolare l’acquirente dopo aver comperato una vettura usata da detta concessionaria, verificava che il mezzo presentava dei vizi occulti, che egli regolarmente denunciava, ma per i quali non otteneva il rimborso delle spese sostenute per la riparazione. Di conseguenza si rivolgeva al Tribunale onde ottenere il ristoro delle cennate spese, il risarcimento dei danni subiti per il disagio in generale e per essere stato costretto a noleggiare un altro veicolo.
Il Tribunale respingeva la richiesta dell’acquirente motivandola con il fatto che costui avesse lamentato la presenza dei danni solamente tre mesi dopo l’acquisto. L’acquirente allora, non contento del giudicato, proponeva impugnazione in Corte di Appello, ma riceveva una ulteriore pronuncia a proprio sfavore. Al proposito si determinava ad interpellare la Corte di Cassazione, la quale, ribaltando la decisione dei precedenti giudici, riteneva fondata la domanda, sul presupposto che alla fattispecie si sarebbe dovuta applicare anziché la normativa del codice civile quella del codice del consumatore, che prevede in caso di difetto di conformità di un bene, la possibilità di provare la sussistenza del vizio entro sei mesi dall’acquisto.
Con tale sentenza gli ermellini hanno inteso affermare che nella disciplina della compravendita va applicato il codice del consumo e non il codice civile, che può essere preso in considerazione solo per quanto non previsto dalla speciale normativa del codice del consumo stesso.
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